... per non scadere nella mediocrità.

03 novembre 2006


Recensione del romanzo City.

Il romanzo nel suo complesso ricalca lo stridore metallico che genera il contatto tra l’individuo geniale, e la prosaicità del mondo che lo circonda. Una forte incompatibilità resa con le unghia dell’ironia su una tavoletta di plastilina: la componente del sarcasmo graffiante, decisiva nell’effetto di incisività che Baricco vuole imprimere alla propria argomentazione, lascia contuso il lettore fino alle midolla, lo scuote. E’ soprattutto in alcuni capitoli che l’ironia si fa amara denuncia dei meccanismi mediocri che regolano la civiltà urbana. Alcune pagine diventano la triste parodia degli ambienti mass-mediatici, che l’autore, attento osservatore, si diverte a ritrarre con la bocca sporca di bile sulla quale affiora un sorriso di compatimento. E i personaggi di quei siparietti sono talmente veri da sembrare dejavù. Il direttore commerciale della CRB, il classico bambino divenuto adulto all’anagrafe quasi per magia, “un uomo tranquillo che aveva una sola passione: i trenini elettrici”; una persona di così basso spessore da ideare un sondaggio per decidere se far morire o no un personaggio dei fumetti. La giornalista che intende fare un servizio su Gould, icona dei mercanti di sentimenti del piccolo schermo, con i suoi toni lacrimevoli e patetici e i suoi sguardi accondiscendenti e compiacenti, frutto di anni di esercizi allo specchio. Il fiore all’occhiello dei personaggi che incarnano la mediocrità è senz’altro Vack Montorsi. Il conduttore dello special del Venerdì sera passa in rassegna il filmato della giornalista cerca-scoop, la quale, vedendo insoddisfatto il proprio superiore gli dichiara che “c’è uno che piange”. Questo, senza preoccuparsi dell’intervista ma utilizzando come unico parametro per l’idoneità alla messa in onda la quantità di lacrime versate, liquida la pellicola con un “tutto qui?”; e la storia di un genio viene sostituita con uno special su quattro gemelli inglesi che si erano scambiati l’identità. La polemica verso il mondo dello show business è feroce: Baricco denuncia la logica dei sentimenti a telecomando che domina il piccolo schermo, l’ottica dell’audience ad ogni costo, che porta a storpiare certe verità in nome della bizzarria, della stranezza, della novità accalappia-pubblico. Il fruitore del prodotto televisivo anela spasmodicamente al colpo di scena nella misura in cui avverte la propria frustrazione nel milieu urbano; la tendenza all’omologazione, alla piattezza, all’ordine e alla regola inibisce le naturali pulsioni e l’individuo è indotto a cercare nella televisione una fuga dal gretto presente per approdare in un mondo dove trovano soddisfazione i principali bisogni. Divertente anche la scena nella paninoteca, dove comprare due cheeseburger, due succhi di arancia e una torta sembra un’impresa. Dietro ogni scelta si nasconde l’ Offerta Promozionale irrinunciabile, quella che se la rifiuti sei un cretino, perché loro l’hanno fatta apposta per te. E’ un orizzonte di trovate pubblicitarie, di concorsi a premi, estrazioni fortunate. Tutto è semplice meccanico inquadrato, non si mangia del cibo ma delle mere “combinazioni” numerate progressivamente. L’individualità è inibita, l’eccezionalità camuffata da azioni stagnanti, fissili, marmoree, ridotte ai minimi termini per non affaticare il cervello. Ogni aspetto asseconda la logica consumistica, e non puoi privarti del piacere di possedere di più allo stesso prezzo. Ogni angolo del locale è felicità sintetica, chimica, un Eden di lucine, clown, quiz, colori e musica. Sono pillole di felicità stroboscopica, che il palato raffinato del cretino medio gradisce: ha bisogno di essere bombardato di sensazioni, in un culto estetizzante della novità ad ogni costo. A ben guardare l’intero romanzo procede per strutture binarie: da quella principale Gould-City determina lo scheletro dell’opera, agli incastri secondari Gould-Shatzy, Diesel-Poomerang, trama Western - trama Boxe, e gli episodi paninoteca - ristorante cinese. L’episodio avvenuto in un ristorante cinese in occasione del quattordicesimo compleanno di Gould è quindi il secondo tassello dell’incastro binario che ha come sfondo un luogo di pubblica ristorazione. Baricco intende ritrarre gli stridori che si covano in seno alla famiglia borghese, le ipocrisie generate dall’insicurezza, dal timore del fallimento. Il padre di Melania è una persona fragile che ha ricevuto un rigido indottrinamento e che ora vede nella figlia la possibilità di una ritorsione ai modi aspri dei propri genitori. Si erge a pater familias tutto d’un pezzo, ma la sua autorità è destinata a sbriciolarsi urtando contro il buon senso della moglie. Il realismo materialista sfocia in bieco pessimismo verso l’istituzione famigliare, nucleo sociale dove trovano sfogo le più bestiali pulsioni dell’uomo. Le frustrazioni del singolo vengono scaricate sull’individuo più debole, e l’educazione dei figli si trasforma in uno sterile esercizio di autorità, nella dimostrazione di potenza: le conseguenze immediate sono il rancore, il risentimento, le tensioni. Prima di tutto ciò “City”è però il romanzo di Gould: i filoni narrativi secondari si dipanano dalla sua figura, dal suo ruolo all’interno dell’opera; gli stessi Shatzy Shell, Taltomar e Mondrian Kilroy appartengono a quel sistema di personaggi che una felice perifrasi pirandelliana definirebbe “i forestieri della vita”. Ognuno di essi ha un escapement psicologico dalla City e dal suo mondo. E’ istintivo il bisogno di oltranza, di evasione per cercare un contatto più autentico e sobrio con l’Anima del mondo. Questi personaggi hanno un canale cognitivo privilegiato in cui la realtà parallela, nella sua camaleontica mutevolezza, affiora ad intermittenza dalle feritoie della bieca materialità. La città diviene per loro una “foresta di simboli” in cui la Verità rivela tutta la sua purezza, il suo nitido candore attraverso le epifanie, le baudelairiane “corrispondences”. Solo gli individui dotati di eccezionale sensibilità sono in grado di carpire intuitivamente questi bagliori rivelatori. Il loro genio sfocia in una sorta di pazzia che è difficoltà di adattamento alla cancrena quotidiana. Il mondo si rivela a loro in un’infinità sfuggente e in un monismo demiurgico. Pirandello direbbe che la città è forma laddove l’anima del Reale è flusso; e che Shatzy, Taltomar, Kilroy e Gould sono i “forestieri della vita”. Quelli che hanno capito i meccanismi spietati che regolano i comportamenti dell’uomo. Perché lo hanno conosciuto da vicino grazie al loro cauto guardare. Hanno annusato l’uomo, lo hanno toccato e ne hanno provato ribrezzo, qualcuno ha pure vomitato. L’uomo è quello del “Saggio sull’onestà intellettuale” scritto in fretta e furia su un depliant dal prof .di Gould, mentre era chiuso in una cabina di video porno; Mondrian Kilroy “aveva capito di aver capito” che l’uomo è quello e nient’altro. Essi disertano la “guerra di tutti contro tutti”, abdicano dalla dimensione della mediocrità, si astengono dall’entrare in campo e giocare la loro partita per tutto il romanzo. Quest’ultimo punto è chiarito dall’episodio che vede Taltomar rifiutarsi di andare a raccogliere il pallone uscito dal campo, perché “o guardi o giochi”. Ecco allora che ognuno dei personaggi citati in precedenza si costruisce il proprio universo parallelo in cui vivere da protagonista; per Kilroy è studio delle curve in antitesi con l’ortogonalità della City; per Taltomar è la partita di calcio analizzata dal punto di vista del rispetto delle regole, necessità che diventa quasi un’ossessione per lui; per Shatzy Shell è la dimensione dell’western; per Gould la storia di un pugile inventata a sedere sulla “ciambella” del water. In particolare la dimensione western e quella boxistica vengono assurte a trame vere e proprie, a storie nella storia, e finiscono per ricalcare la condizione interiore di Gould e Shatzy. Questo espediente tecnico-stilistico moltiplica i piani prospettici con una resa letteraria estremamente suggestiva, simile a quella visiva che si avrebbe ponendo uno specchio di fronte ad un altro. Gould identifica se stesso in Larry Gorman, mentre Shatzy costruisce la storia di Bird facendo riferimento alla propria: le assonanze e i punti di contatto tra le due coppie di trame non mancano.


9 Comments:

Anonymous Anonimo said...

ci poniamo una domanda inquietante: è più impegnativo il romanzo o la recensione?
Oppure: se la recensione è così lunga, quanto è "lungo" il romanzo?
Ai lettori l'ardua sentenza.
Clo e petra

21 novembre, 2006 23:08

 
Anonymous Anonimo said...

Agli "amministratori" del blog non piace questo commento che non viene neppure conteggiato?
Perchè non compare?
Misteri tecnologici... Clo

21 novembre, 2006 23:15

 
Blogger Marlene Schumann said...

carissime clo e petra, le domande che vi ponete sono legittme ma assolutamente inutili e se una strana forza dovesse governare i conteggi del blog allora forse in questo caso avrebbe ragione. se la lunghezza e lo stile di una recensione sono i parametri che usate per scegliere la lettura di un romanzo mi sorge il dubbio che la lettura in fondo non sia il vostro primo, ma neanche secondo, interesse. inoltre city è un romanzo complesso, giocato a più livelli, anche emozionali e una recensione semplicistica non gli renderebbe merito. lasciate da parte la polemica sterile e fine a sè stessa e concedetevi a baricco. mi ringrazierete. è un ottimo amante. a presto

23 novembre, 2006 09:30

 
Anonymous Anonimo said...

quanta cattiveria lara, non si può più nemmeno scherzare.

23 novembre, 2006 20:19

 
Blogger Fiska said...

Potrei sapere chi è Vamba oltre all'autore del Giornalino di Giamburrasca?
Comunque la mia recensione è come la Finanziaria: tutti ne parlano male ma nessuno l'ha mai letta. Se vi tira leggerla è giustissimo: io l'ho messa anche solo per far parlare del libro e sentire il vostro parere sull'opera. E' chiaro che se la leggete e poi mi dite dietro mi date ancora più soddisfazione. dico davvero.

23 novembre, 2006 23:09

 
Anonymous Anonimo said...

ritengo che sia giusto dire dietro a fiska a prescindere,perchè è un gran cretino. e credo anche di aver risolto il "mistero vamba":x me è van basten

24 novembre, 2006 11:03

 
Blogger Marlene Schumann said...

non è cattiveria vamba. siamo su un blog, uno spazio dove ogni cosa è opinione. o sbaglio?

24 novembre, 2006 14:11

 
Anonymous Anonimo said...

fisca ho letto la recensione che hai fatto di city e ho apprezzato molto!aspetto con ansia di sapere cosa ne pensi di next!intanto ti lascio una chicca sul libro,ovviamente sempre di baricco,che sto leggendo io:"I barbari":-Nella medietà il sistema trova una circolazione rapida delle iedee e dei gesti:nel genio,nella profondità dell'individuo più nobile,quel ritmo è spezzato.Un cervello semplice trasmette messaggi più velocemente,un cervello complesso li rallenta.Zambrotta fa girare la palla,Baggio la fa sparire.-.Ti rimando alla mia prossima recensione(terminata la lettura).Buon blog.

07 gennaio, 2007 19:55

 
Anonymous Anonimo said...

Ehh, grande Nichi. e grande A.B.
Sì effettivamente, anche se mi sono ripromesso lasciare da parte economia e politica per un po', un post su Next e la globalizzazione potrei scriverlo.. intanto attendiamo la tua recensione su -i barbari-, e ti chiediamo di pubblicarla qui. ti aspettiamo presto sul blog, per altri interventi..

09 gennaio, 2007 12:58

 

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