... per non scadere nella mediocrità.

16 agosto 2006

Allora se non sai taci!

Quando un dittatore ottiene il potere la prima cosa che gli viene spontaneo di fare è mettere sotto controllo l’informazione. E’ semplice e logico come un’equazione: a seconda di come ti viene spiegato un fatto tu ti fai un’idea piuttosto che un’altra.. Non funziona neanche la solita storiella del popolo ignorante: se nessuno ti spiega, se non conosci un avvenimento a che cosa servono le lauree?
L’organo principale di informazione, per il quale ogni famiglia contribuisce con circa cento euro di tasse l’anno è la televisione pubblica. Che ricorre in prevalenza al telegiornale come mezzo per veicolare l’informazione. Un telegiornale “lungo” dura una mezzoretta che è così spesa: dieci minuti di politica, sei minuti di notizie dall’estero, sei minuti di cronaca, e il resto se lo dividono sport, spettacolo, costume. Fateci caso. Se si eccettua qualche dibattito e rarissimi reportage, l’informazione nelle ore diurne si ferma qui. Spazio alle soubrette.
E l’oggettività dell’informazione? Quasi assente, visto che la RAI è gestita da un consiglio di amministrazione politicizzato, che cambia con le elezioni. Ma allora si potrà trovare un’informazione distaccata e disinteressata sui giornali… visto che vivono con i contributi statali (avete letto bene)… Nemmeno, perché la maggior parte dei quotidiani è legata ad un partito. Il Corriere della Sera, il quotidiano più letto dopo la Gazzetta dello Sport è di proprietà degli azionisti (De Benedetti, Tronchetti Provera, Montezemolo) che essendo degli industriali hanno interesse a mantenere un certo controllo sull’informazione.
Quello che manca sia sui giornali che alla televisione sono i temi caldi del mondo in cui viviamo. L’energia, le scoperte scientifiche, la mafia, l’inquinamento, le sporche connivenze tra politica ed economia, tra politici ed industriali, il mondo finanziario con le sue truffe milionarie impunite e i suoi falsari. Sono gli argomenti meno discussi e quelli che più di tutti influenzano la nostra vita. Penso che non se ne parli o se ne parli poco per varie ragioni: i soggetti del discorso sono gli stessi che indicano indirettamente cosa dire; la maggior parte degli utenti li percepisce come problemi lontani e troppo complicati; non avrebbero lo stesso successo di pubblico e, nel caso della televisione, gli stessi ascolti di argomenti più leggeri come la cronaca o la politica.
Già, gli ascolti. Infatti per incrementare gli incassi l’emittenza radio-televisiva pubblica ha da tempo abbracciato la nuova logica degli ascolti sacrificando le istanze di una ridotta ma più esigente parte dell’utenza. Di questa fetta di spettatori la RAI non si è più interessata, visto che non portava un grosso contributo in termini di auditel e che si sarebbe potuta riconquistare solo con prodotti poco accattivanti per il resto del pubblico. Si è gradualmente iniziato a condire il prodotto televisivo di sensazionalismo, voyeurismo, sesso, superficialità e banalità. E gli ascolti crescevano. La rivalità con Mediaset non ha fatto che accelerare questo processo. Personalmente ritengo che la RAI in quanto servizio pubblico finanziato dal canone non possa obbedire a tali leggi di mercato. La sua vocazione deve essere quella di fornire un servizio cercando di soddisfare strati il più possibile ampi della popolazione, senza mortificare ottiche minoritarie. Dovrebbe inoltre rispondere alle logiche della democrazia e della Costituzione, non a quelle del mercato. Logiche, queste, tra loro apertamente antitetiche e in conflitto. E tra i “Principi Fondamentali” della nostra Carta Costituzionale l’art. 9 precisa la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Il filosofo austriaco Popper, che concentrò parte della sua indagine a definire i principi di una sana democrazia moderna, sconfessa in uno scritto le tesi a favore della presunta democraticità degli “indici di gradimento” nel fare televisione. Considera una missione della Democrazia quella "di far crescere l'educazione generale offrendo a tutti opportunità sempre migliori" e sostiene che "sua tradizionale aspirazione è quella di far crescere il livello dell’educazione".
Un tale disinteresse per i temi cruciali del nostro tempo trova anche una spiegazione in una sorta di sospetto ostruzionismo da parte di politici, consiglieri di amministrazione, sponsor o più in generale di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali in RAI, nominati di frequente dalle segreterie di Partito. Ostruzionismo che negli anni passati si concretizzava in velati e amichevoli inviti a “lasciar perdere”, mentre oggi ricorre a strumenti ben più energici. Fatti a supporto di questa tesi ce ne sono fin troppi: -l’allontanamento di Biagi, -l’impossibilità per Beppe Grillo di comparire in TV in Italia, per essere poi cercato e stimato all’estero, -le continue querele e grane giudiziarie che deve sopportare Milena Gabanelli per il suo Report; e queste non sono che punte di un iceberg fatto di omertà, clientelismo e mecenatismo.
Le uniche vie di fuga dalla disinformazione sono i libri e Internet, canali comunicativi finalmente al riparo da ogni forma di censura, e nel contempo distanti da imperative logiche di mercato. Vorrei segnalare alcuni autori che possono farci conoscere meglio il mondo in cui viviamo, affrontando senza inibizioni temi avvolti da sospette reticenze:
- Marco Travaglio
- Gino Strada
- Jeremy Rifkin
- Oriana Fallaci
- Milena Gabanelli
- Carlo Lucarelli
- Beppe Scienza, “Il risparmio tradito”
- Hans Grimm, “L’imbroglio nella zuppa”
- Maurizio Pallante, “La decrescita infelice” e “Un futuro senza luce?”
- Frederic Vester, “Mobilità. I segni del collasso”
- Gianroberto Casaleggio, “Web ergo sum”

Per favore, se volete segnalare altri autori interessanti che si occupino di argomenti interessanti, scrivete.
Alla fine di tutto una riflessione. Paghiamo il canone per la televisione e le tasse per sostenere i quotidiani. Ma non siamo informati come vorremmo e dobbiamo cercarci l’informazione altrove. A patto di trovarla. Che democrazia è mai questa?