... per non scadere nella mediocrità.

19 maggio 2006

W L'Italia

Confesso che sono preoccupato.
Sono pochi anni che ci conosciamo, ma sento di amare già questo Paese. L'Italia è una donna bellissima e quando decide di mettersi il vestito della festa diventa addirittura irresistibile. Da questa Terra sono uscite le menti più luminose e le loro creazioni, frammenti di Paradiso. La Storia, quella dei libri e dei documentari, quella dei racconti di mio nonno e dei testimoni, mi consegna un popolo italiano caparbio e superbo, orgoglioso e tenace, sempre unito e solidale dinnanzi alla prova. Quando mi chiedono cosa ti rende più fiero di essere italiano si aspettano che gli dica la Gioconda e le bellezze artistiche: ci restano male quando gli rispondo che più di tutto amo l'Italia per l'umanità della mia gente. Ho sentito più volte Enzo Biagi raccontare questo aneddoto con la voce debolmente rotta dalla commozione senile. A me subito viene la pelle d'oca ma poi mi sorprendo a ridere pensando a Peppone e don Camillo... Leggo i giornali e mi guardo intorno... Non c'è granchè da ridere. Soffro e spero. Questo Paese sta cambiando, stanno venendo meno i caratteri distintivi della "mia gente". Al loro posto si sono insinuati come tarli l'arrivismo, l'egocentrismo, la spregiudicatezza. Si sta facendo largo l'idea che la ricchezza è sintomo di indiscusse capacità, indipendentemente da come sia stata conseguita. L'onestà e il lavoro sono da perdenti, da deboli. Qua da noi sta venendo meno la certezza della pena e sono stati creati troppi pericolosi precedenti per considerare credibile agli occhi dell' opinione pubblica questo sistema giudiziario. E' sfficiente pensare agli scandali legati alla Parmalat, alla Cirio, all'Unipol, alla Banca Popolare di Lodi, e quello attuale sul calcio. A poco a poco quello dell'indagine da parte della magistratura sta diventando un inevitabile fastidio passeggero nella carriera di chi ricopre cariche pubbliche. Si sono persi la sacralità della legge e il disonore della pena. Questa condizione è supportata da una comunicazione che fa del malvivente il vero protagonista, uno showman da intervistare e conoscere a fondo, oggetto delle attenzioni dei salotti, dei dibattiti, dei libri. Le imprese più quotate non curano più i prodotti che le hanno rese grandi nel mondo: si sono messe a fare finanza. Si è aperta l'era post-industriale delle assicurazioni, della comunicazione pubblicitaria, delle banche, con il loro retaggio di ipocrisia, di apparenza, di culto dell'immagine. L'affabulazione ha sostituito il sudore della fronte, la ciarloneria il sapere.
Si spera e si soffre.

"...lui è Roberto, Roberto Vecchioni" ... "piacere"

Il panorama musicale è dominato in questi ultimi dieci quindici anni da arrivisti dotati di grande appeal su masse giovanili amorfe , ma di basso impatto artistico e tecnico. Molto spesso dei frontman selezionati dalle case discografiche sulla base di ricerche di mercato. Questo fenomeno ha generato prodotti di consumo che hanno perso ogni pregnanza artistica ed emotiva, che non vibrano più di alcuna tensione, modeste canzonette nelle quali non soffiano zefiri vitali. In un clima di simile aridità sono a stento riuscito ad avvistare piccole oasi in cui placare la mia pantagruelica fame di musica.. Tra queste franche aree vi sono autori di talento luminoso che hanno dato generato opere d'arte, autentiche gemme; su tutti De Andrè, Guccini, Gaber, De Gregori e ..Vecchioni. Quest'ultimo è, da parte mia, una recente, piacevole sorpresa.
Se volete un consiglio ( e se non lo volete ve lo dò lo stesso) ascoltate "SOGNA, RAGAZZO, SOGNA". Di seguito ho riportato il testo, una poesia.

E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte; ma non è vero, ragazzo, che la ragione sta sempre col più forte: io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero, e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo. Chiudi gli occhi, ragazzo, e credi solo a quel che vedi dentro; stringi i pugni, ragazzo, non lasciargliela vinta neanche un momento; copri l'amore, ragazzo, ma non nasconderlo sotto il mantello: a volte passa qualcuno, a volte c'è qualcuno che deve vederlo. Sogna, ragazzo, sogna quando sale il vento nelle vie del cuore, quando un uomo vive per le sue parole o non vive più; sogna , ragazzo, sogna, non lasciarlo solo contro questo mondo, non lasciarlo andare, sogna fino in fondo, fallo pure tu! Sogna, ragazzo, sogna quando cala il vento ma non è finita, quando muore un uomo per la stessa vita che sognavi tu; sogna, ragazzo, sogna, non cambiare un verso della tua canzone, non lasciare un treno fermo alla stazione, non fermarti tu! Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre: perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente; passa ogni tanto la mano su un viso di donna, passaci le dita: nessun regno è più grande di questa piccola cosa che è la vita. E la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere; la vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare; la vita è così grande che "quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire" Sogna, ragazzo, sogna, quando lei si volta, quando lei non torna, quando il solo passo che fermava il cuore non lo senti più; sogna, ragazzo, sogna, passeranno i giorni, passerà l'amore, passeran le notti, finirà il dolore, sarai sempre tu...Sogna, ragazzo, sogna, piccolo ragazzo nella mia memoria, tante volte tanti dentro questa storia: non vi conto più; sogna, ragazzo, sogna, ti ho lasciato un foglio sulla scrivania, manca solo un verso a quella poesia, puoi finirla tu.

Brividi.

16 maggio 2006

definizione

Vado ad intraprendere questo viaggio definendo i due termini che costituiscono il titolo di questo nostro blog.
Per il primo prendo in prestito le parole di non ricordo chi che ha pensato la filosofia come
“quella disciplina che tenta di risolvere in modo complicatissimo problemi che la gente non sa d’avere”
Noi, conformi a questa definizione, tenteremo di risolvere i vostri crucci ma soprattutto ve ne procureremo degli altri: quelli appunto che non sapete ancora di avere. Ma preferite forse vivere nell’ignoranza?
Quanto alle ciabatte, non ritengo abbiano bisogno di presentazioni. Chiaramente qui sono metafora di una filosofia della quotidianità, casalinga e pragmatica. Ma non solo: servono anche a ricordarvi, ogniqualvolta vi apprestiate a leggere un nostro post, di immaginare l’autore in ciabatte e vestaglia, magari con la pipa in bocca. Fatelo … e quello che leggerete avrà un sapore diverso. Peggiore, ovviamente.