W L'Italia
Confesso che sono preoccupato.
Sono pochi anni che ci conosciamo, ma sento di amare già questo Paese. L'Italia è una donna bellissima e quando decide di mettersi il vestito della festa diventa addirittura irresistibile. Da questa Terra sono uscite le menti più luminose e le loro creazioni, frammenti di Paradiso. La Storia, quella dei libri e dei documentari, quella dei racconti di mio nonno e dei testimoni, mi consegna un popolo italiano caparbio e superbo, orgoglioso e tenace, sempre unito e solidale dinnanzi alla prova. Quando mi chiedono cosa ti rende più fiero di essere italiano si aspettano che gli dica la Gioconda e le bellezze artistiche: ci restano male quando gli rispondo che più di tutto amo l'Italia per l'umanità della mia gente. Ho sentito più volte Enzo Biagi raccontare questo aneddoto con la voce debolmente rotta dalla commozione senile. A me subito viene la pelle d'oca ma poi mi sorprendo a ridere pensando a Peppone e don Camillo... Leggo i giornali e mi guardo intorno... Non c'è granchè da ridere. Soffro e spero. Questo Paese sta cambiando, stanno venendo meno i caratteri distintivi della "mia gente". Al loro posto si sono insinuati come tarli l'arrivismo, l'egocentrismo, la spregiudicatezza. Si sta facendo largo l'idea che la ricchezza è sintomo di indiscusse capacità, indipendentemente da come sia stata conseguita. L'onestà e il lavoro sono da perdenti, da deboli. Qua da noi sta venendo meno la certezza della pena e sono stati creati troppi pericolosi precedenti per considerare credibile agli occhi dell' opinione pubblica questo sistema giudiziario. E' sfficiente pensare agli scandali legati alla Parmalat, alla Cirio, all'Unipol, alla Banca Popolare di Lodi, e quello attuale sul calcio. A poco a poco quello dell'indagine da parte della magistratura sta diventando un inevitabile fastidio passeggero nella carriera di chi ricopre cariche pubbliche. Si sono persi la sacralità della legge e il disonore della pena. Questa condizione è supportata da una comunicazione che fa del malvivente il vero protagonista, uno showman da intervistare e conoscere a fondo, oggetto delle attenzioni dei salotti, dei dibattiti, dei libri. Le imprese più quotate non curano più i prodotti che le hanno rese grandi nel mondo: si sono messe a fare finanza. Si è aperta l'era post-industriale delle assicurazioni, della comunicazione pubblicitaria, delle banche, con il loro retaggio di ipocrisia, di apparenza, di culto dell'immagine. L'affabulazione ha sostituito il sudore della fronte, la ciarloneria il sapere.
Si spera e si soffre.
Sono pochi anni che ci conosciamo, ma sento di amare già questo Paese. L'Italia è una donna bellissima e quando decide di mettersi il vestito della festa diventa addirittura irresistibile. Da questa Terra sono uscite le menti più luminose e le loro creazioni, frammenti di Paradiso. La Storia, quella dei libri e dei documentari, quella dei racconti di mio nonno e dei testimoni, mi consegna un popolo italiano caparbio e superbo, orgoglioso e tenace, sempre unito e solidale dinnanzi alla prova. Quando mi chiedono cosa ti rende più fiero di essere italiano si aspettano che gli dica la Gioconda e le bellezze artistiche: ci restano male quando gli rispondo che più di tutto amo l'Italia per l'umanità della mia gente. Ho sentito più volte Enzo Biagi raccontare questo aneddoto con la voce debolmente rotta dalla commozione senile. A me subito viene la pelle d'oca ma poi mi sorprendo a ridere pensando a Peppone e don Camillo... Leggo i giornali e mi guardo intorno... Non c'è granchè da ridere. Soffro e spero. Questo Paese sta cambiando, stanno venendo meno i caratteri distintivi della "mia gente". Al loro posto si sono insinuati come tarli l'arrivismo, l'egocentrismo, la spregiudicatezza. Si sta facendo largo l'idea che la ricchezza è sintomo di indiscusse capacità, indipendentemente da come sia stata conseguita. L'onestà e il lavoro sono da perdenti, da deboli. Qua da noi sta venendo meno la certezza della pena e sono stati creati troppi pericolosi precedenti per considerare credibile agli occhi dell' opinione pubblica questo sistema giudiziario. E' sfficiente pensare agli scandali legati alla Parmalat, alla Cirio, all'Unipol, alla Banca Popolare di Lodi, e quello attuale sul calcio. A poco a poco quello dell'indagine da parte della magistratura sta diventando un inevitabile fastidio passeggero nella carriera di chi ricopre cariche pubbliche. Si sono persi la sacralità della legge e il disonore della pena. Questa condizione è supportata da una comunicazione che fa del malvivente il vero protagonista, uno showman da intervistare e conoscere a fondo, oggetto delle attenzioni dei salotti, dei dibattiti, dei libri. Le imprese più quotate non curano più i prodotti che le hanno rese grandi nel mondo: si sono messe a fare finanza. Si è aperta l'era post-industriale delle assicurazioni, della comunicazione pubblicitaria, delle banche, con il loro retaggio di ipocrisia, di apparenza, di culto dell'immagine. L'affabulazione ha sostituito il sudore della fronte, la ciarloneria il sapere.
Si spera e si soffre.