Capita spesso di sentire persone esterne al mondo Cattolico che su quel mondo esprimono valutazioni e giudizi sommari, e sintomatici di una scarsa conoscenza. L’istituzione ecclesiale e tutto ciò che gravita attorno ad essa sono bersaglio di accuse forti soprattutto in un contingente storico come quello attuale. L’impostazione comunicativa che le nuove personalità hanno scelto di esprimere è rigida e poco propensa al confronto, arroccata com’è su formule e modalità paradigmatiche (Famiglia, Natura, Antirelativismo) e fissili. Il messaggio è fornito per slogan, direttive ferree che finiscono col privilegiare le contrapposizioni noi-loro. Dentro-fuori. Questo schema comunicativo agevola e radicalizza una dialettica conflittuale tra il mondo Cattolico e il mondo ateo di ascendenza materialista. Quello che in Italia ha trovato una solida rappresentanza nell’antifascismo prima, e nelle forze politiche della Sinistra poi. La reazione del mondo ateo ha finito per essere altrettanto ideologica quanto ideologiche sono le prese di posizione delle Gerarchie e dei Purpurati. C’è un’intolleranza reciproca e una insofferenza strisciante nel conoscere e nel comprendere l’ottica opposta. La poca conoscenza produce infondate supposizioni figlie del pregiudizio e del luogo comune. “sessantottini froci comunisti” contro “chiesaioli di merda, tutti i preti devono morire “. La polarizzazione forte di questi due mondi non fa che trascurare ogni forma di pensiero intermedio e sfumatura critica: gli interpreti di maggiore rilievo dei due clan finiscono per delegittimare di chi sta dall’altra parte della barricata. Il risultato è una Chiesa che pare ridurre la propria carica missionaria ed evangelizzatrice, rischiando di perdere il ‘fedele’ che da essa attende risposte di spessore alle proprie inquietudini.
Viceversa il mondo materialista rischia di perdere l’appoggio di una parte del mondo Cattolico che ad esso si era avvicinato per la comunanza degli ideali espressi. Il rischio è quello di sfilacciare un’alleanza per aver calcato la mano su tematiche di scontro, come la radicale laicità dello Stato in ogni suo futile particolare (per esempio il Crocifisso).
In ogni caso, come dicevo all’inizio, la scarsa conoscenza del mondo Cattolico e l’approccio comunicativo dei suoi componenti più in vista lo rendono un mondo estremamente monolitico agli occhi di chi non vi fa parte. Due lettere inviate a Famiglia Cristiana da lettori ignoti hanno ispirato il mio post. Le voglio riportare entrambe a dimostrazione di quanto sia variegato il mondo di cui peraltro anch’io faccio parte; di quanto colui che crede, rifletta, si interroghi e metta in discussione il modo di gestire l’istituzione ecclesiale pur facendovi parte come fedele. Tale processo dubitativo risulta essere addirittura più forte in chi fa parte della Chiesa.
'Credo che sia un diritto della Chiesa esprimere le proprie opinioni o contrastare le leggi che vanno contro l’etica umana e cristiana. Io penso, però, che bisognerebbe dire qualcosa anche sui comportamenti e gli esempi che danno certi uomini politici, che sono peggio delle stesse leggi che approvano. La gente vede i loro cattivi esempi ed è portata a imitarli. Io non ho mai sentito una parola contro quelli che, pur difendendo a gran voce la famiglia, di famiglie ne hanno più di una; o contro coloro che evadono le tasse, o gestiscono televisioni dove se ne vedono di tutti i colori. Qualcuno ricorda un anatema contro di loro? A mio avviso, gli uomini pubblici debbono essere giudicati per i loro comportamenti prima ancora che per le loro scelte politiche.'
'Sono una persona poco colta. Dopo una vita “libertina”, alcuni anni fa ho avuto la grazia di sentire la chiamata del Signore, mi sono convertita e sono rientrata nella Chiesa. Da alcuni mesi l’argomento più ricorrente trattato da giornali, Tv e dalla gente sono i “Dico”. Partecipo alla Messa quotidiana, con breve omelia (predica ndr), e anche lì è la stessa “zuppa”. Non ne posso più: ormai mi distraggo volutamente quando sento questo argomento e non leggo più chi ne scrive. Le chiedo: sbaglio se penso e cerco di mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, “non giudicare perché sarai giudicato con la stessa misura con la quale giudichi”? Allora, perché puntare il dito sempre su persone diverse dal “normale”? Che colpa ne hanno? L’unico giudice è Dio. Capisco che la Chiesa debba insegnare la Verità –e fa bene a farlo-, ma dovrebbe usare toni costruttivi, non distruttivi. Dio ha mandato il Figlio sulla terra per i peccatori, non per i santi: se una persona si sentirà amata e perdonata si convertirà; se invece si sentirà accusata non cambierà. Amore crea amore, disprezzo e odio generano guerre.'