... per non scadere nella mediocrità.

14 novembre 2007

..non andartene!

Laurearsi è una figata. E’ un arrivo sudato ai Campi Elisi con la maglia Gialla addosso: una gioia immensa. La tua gente che ti applaude, la testa che ritorna ai Pirenei.. la fatica della scalata e il dolore sopportato a denti stretti sono sublimati nel tripudio di colori, festa.

La Metafora non è però la figura retorica più adatta per descrivere questo momento della vita. Sceglierei piuttosto l’Ossimoro. “Procedimento che consiste nell’accostare ad una parola un’altra parola di senso contrario”. La fine dei tre anni all’Università è un riso amaro, un’allegria di dubbi, una vertigine paurosa. La Laurea significa innanzi tutto che il tempo è andato avanti portandoti con sé. Puntare i piedi per cosa? Ti sei trovato ventiduenne senza spiegartelo. Ti volti e ti rivedi lì, a sporcarti di briciole nell’intervallo, una fredda mattina di marzo. Mangi un panino e ci sono lì accanto le persone alle quali piaci così. Ridi: ogni cosa fa ridere. Sei soddisfatto perché è ancora tutto possibile. Non sai chi sei dove vuoi andare dove arriverai… “Perché a ventanni è tutto ancora intero, a ventanni è tutto o chi lo sa; a ventanni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età, oppure allora si era solo noi non c’entra o meno quella gioventù: di discussioni, caroselli, eroi quel che è rimasto dimmelo un po’ tu.” Non è roba da poco, sono versi del Guccini.

Kierkegaard, fu una sorta di precursore dell’esistenzialismo novecentesco. Parlava della scelta come di un salto. Prima o poi si finisce con l’atterrare ma c’è sempre lo sgomento del vuoto, della mancanza della terra sotto i piedi. La scelta porta con sé un senso di angoscia. Scegliere vuol dire andare avanti e non potere più scegliere, perché hai già scelto. Non hai scelta. Mi viene in mente il Sabato del villaggio… segue la Sera del dì di festa.

“Dell’artigian, che riede a tarda notte, dopo i sollazzi, al suo povero ostello; e fieramente mi si stringe il core, a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito il dì festivo, ed al festivo il giorno volgar succede, e se ne porta il tempo ogni umano accidente.”

Chissà se dei nostri sogni c’è rimasta “orma”. O per cosa abbiamo vagheggiato.. Può essere tutto andato perduto? Lo sguardo stupito ha lasciato il posto alla disillusione. La rabbia alla normalità. Non sono più capace di combattere.. Penso a Nietzche, all’uomo che torna Bambino. Alla poetica di Pascoli. alla Religione delle Illusioni di Foscolo. E’ tutto chiaro. Li studi, li capisci ma non li vivi. Non ancora. Soltanto adesso ti sporcano il vestito e la sottoveste. Ti entrano nella carne e ti fanno soffrire quanto hanno sofferto loro.

E’ finito il tempo dove ti svegli e vuoi essere… dove un colpo non faceva così male perché il molto che valevi gliel’avresti dimostrato… epporcaputtana!! dove ogni battaglia era vinta comunque, soltanto per il gusto di averci provato. Soltanto perchè si erano accorti che c’eri anche tu.
Quante Balle!

“E questa domenica in Settembre se ne sta lentamente per finire come le tante via, distrattamente, a cercare di fare o di capire. Forse lo stan pensando anche gli amici, gli andati, i rassegnati, i soddisfatti, giocando a dire che si era più felici, pensando a chi s' è perso o no a quei party...”

Cosa sarà di noi?